Benvenuti nel mondo di "Quota 2000"

Ciao!!!

Mi chiamo Giovanni Mazzanti, Giò per gli amici. Sono l'autore del libro "QUOTA 2000 - Escursioni sulle dieci più alte vette dell’Appennino Tosco-Emiliano tra natura, storia e ricordi ".

Un libro che vi ha guidato alla scoperta delle bellezze dell'alto Appennino Tosco-Emiliano.

E' una terra meravigliosa, che sa sempre stupire e incantare chi è disposto a visitarla con amore e rispetto.

In questo sito ci sono tutte le informazioni sul libro "QUOTA 2000".

E' una specie di "curriculum vitae": per suggerimenti e contatti, scrivetemi all'indirizzo e-mail mazzanti.giovanni@gmail.com.

Ma visto che ormai il libro è esaurito... voglio allargare gli orizzonti e far diventare questo sito il diario delle mie escursioni più recenti in Appennino e sulle Alpi.
Per condividere con chi ama la montagna le emozioni sempre nuove che sa regalare...

Buon divertimento e... ci vediamo sul crinale!
P.S.: IL SITO HA SUPERATO ANCHE QUOTA 23000 VISITE!!!!
Ventitremila grazie a tutti i visitatori, anche se - come sempre - non per questo il nome del sito cambierà...

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Subito sotto a questa sezione introduttiva, trovate "UN VIDEO dalla MONTAGNA". Immagini girate sulle nostre montagne che hanno lo scopo di far conoscere e promuovere turisticamente l'Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi.

Dopo un lungo silenzio, e dopo la Ferrata del Monte Contrario, eccovi la piccola impresa compiuta con l'amico Massimo Salicini il 29-30/09/2014: salita al Breithorn Occidentale (4165 m) da Cervinia (2050 m) con pernotto al Rifugio Guide del Cervino alla Testa Grigia (3480 m). Potremmo definirla in breve: "più forti della sfiga"....
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Subito dopo "UN VIDEO dalla MONTAGNA", eccovi la rubrica musicale "MUSICA e MONTAGNA" per unire idealmente montagna e musica: un video musicale fra i miei preferiti. Anche voi potete proporre video-musicali scrivendo all'indirizzo e-mail mazzanti.giovanni@gmail.com

Godetevi ora il video "artigianale" girato dal sottoscritto al Concerto di Ligabue, Stadio Dall'Ara di Bologna, 13/09/2014. Io e la mia "piccola-grande cucciola" ci siamo divertiti alla grande con la musica del Liga.
Buona musica, dunque, e Buona Montagna!
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martedì 14 ottobre 2014

Completo primavera-estate 2014 - Luglio, Apuane: la Tambura da Resceto


Continuo nell'arduo tentativo di recuperare il tempo perduto e rivangare i tanti bei momenti vissuti la scorsa primavera-estate in compagnia tra i monti!
Proseguo dunque ancora con le Alpi Apuane e l'anello Resceto (482 m) - Via Vandelli - Rifugio Nello Conti (1442 m) - Tambura (1890 m) - Passo Foco
laccia (1645 m) - Resceto portato a termine insieme a Sara Frabetti, Pamela Ferrari e Mauro Pini il 3-4 luglio 2014: una piccola ma combattiva delegazione del CAI B
ologna in trasferta nel territorio del CAI di Massa.
Partenza da una calda e afosa Bologna alle 16:30 del pomeriggio del 3 luglio: il ritrovo è presso l'Antistadio e qui Gio - il sottoscritto - e Pami, con i loro pesanti zaini, rischiano subito di farsi stirare dalle auto alla mini-rotonda all'angolo con Via dello Sport...
Dopo due ore e mezza di viaggio reso piacevole dalle chiacchiere e dalla buona musica dello stereo di Mauro - con Pink Floyd e Vasco a farla da padrone - arriviamo sulla verde costa Versiliese in quel di Massa e risaliamo la boscosissima ed angusta valle che si insinua tra le propaggini dei Monti Alto di Sella e Tambura salendo verso il piccolo borgo di Resceto. Le Apuane incombono su di noi severe e imperiose, quasi a ricordarci che sì, abbiamo deciso di sfidarle con questa inusuale salita serale ma ... ce la dovremo sudare tutta.
E in effetti non fa una grinza: l'umidità che avevamo lasciato a Bologna è poca cosa rispetto alla pesantissima umidità che troviamo nello stretto fondovalle, percorso da un torrente dalle acque verdissime e trasparenti che spumeggia ansioso di ricongiungersi al mare - questa è un po' da romanzo d'Appendice, ma non la cancello...
Lasciata l'auto in una piazzetta quieta e panoramica sulla quale si affacciano le ultime case di Resceto Alta, ci incamminiamo senza indugio lungo la Via Vandelli: sono le 19:30 e se vogliamo arrivare al Rifugio Nello Conti in tempo per una pasta "last minute" non abbiamo un attimo da perdere. E nonostante l'afa e il viaggio, saliamo decisi e maciniamo strada.
L'asfalto finisce quasi subito, lasciando il posto prima a uno sterrato, quindi all'antico e regolarissimo selciato della settecentesca Via Vandelli (http://it.wikipedia.org/wiki/Via_Vandelli): un'opera di alta ingegneria per quei tempi, realizzata a cura dell'abate e ingegnere modenese per suggellare il matrimonio tra Ercole d'Este - figlio di Francesco III Duca di Modena - e la Principessa Maria Teresa Cybo-Malaspina, ultimo virgulto della nobile casata decaduta dei Malaspina (il cui castello si erge ancora orgoglioso e austero nella non lontana Fosdinovo, al confine tra Versilia e Lunigiana).
E anche il panorama cambia quasi subito: il bosco lascia il posto a ripidissimi prati frammisti a pietre che ricoprono gli scoscesi e dirupati versanti che precipitano a valle dai gioghi apuani, con rade macchie di faggio qua e là.
Il luogo è assai suggestivo. Il silenzio magico è rotto - oltre che dal ronzio delle mosche... - da uno scampanio e da un movimento inatteso:
un grosso gregge di capre scende rapido dai monti snodandosi lungo una traccia invisibile sul versante opposto della valle, guidato dai fischi acuti del giovane pastore e dall'instancabile correre e rincorrere di un piccolo e attivissimo cane pastore, che stana e convince anche gli esemplari più irriducibili a tornare all'ovile.
Così com'è arrivato, quasi per magia il gregge scompare e il silenzio (e l'afa...) ritornano a dominare la scena.
E noi continuamo imperterriti a salire lungo le ripide e costanti rampe della Via Vandelli, guadagnando rapidamente terreno. In un'ora e mezza siamo già al "Casone" - 1145 metri sul livello del mare - una piccola e graziosa capanna-riparo di pietre a vista e travi di legno, dove ci concediamo una breve pausa, un sorso d'acqua e una prima foto quasi di gruppo.
Proseguiamo senza indugio mentre il sole si nasconde dietro gli aspri dirupi delle Apuane e le prime ombre della sera calano sulla vallata.
Mano a mano che guadagniamo quota, l'afa cala e dalle alte giogaie che ancora ci sovrastano ecco finalmente le prime raffiche di vento, a rendere la salita più piacevole.
In lontananza verso il mare si staglia ben visibile - nonostante la foschia - la linea costiera, che disegna i familiari contorni della riviera toscano-ligure: da Massa e Carrara a La Spezia, con la Foce del Magra, il promontorio di Montemarcello, il Golfo di Lerici, la penisola di Portovenere e le isole di Palmaria, Tino e Tinetto.
Ancora un ultimo sforzo ed ecco - rannicchiata ai piedi del Monte Alto di Sella e quasi nascosto tra le aguzze sagome rocciose dei Campaniletti - la rossa costruzione del Rifugio Nello Conti (http://www.ilbivacco-toscana.it/rifugio_nelloconti).
Sono le dieci, il che significa che abbiamo coperto i quasi 1000 metri di dislivello da Resceto al Rifugio in due ore e mezza: davvero niente male, anche perché lo zaino è quello da due giorni di escursione con pernotto! E le "girls" si sono difese alla grande: altro che sesso debole...
Ci asciughiamo il sudore guardando le luci di Massa che si accendono verso il mare e annegano nel buio della notte, e la falce della luna che si staglia nel cielo limpido, senza nuvole.
Poi con entusiasmo - e con una fame da lupi! - ci sediamo a tavola. Il giovane e bravo rifugista ci ha preparato delle favolose penne al pomodoro e alla santoreggia delle Alpi Apuane: una profumata erba officinale, il cui nome a torto evoca effluvi di ben altro tipo rispetto al suo odore intenso e piacevole... L'abbondante vino rosso rende la cena ancor più gustosa e allegra.
Un buon sonno ristoratore e l'indomani sveglia di buon mattino.
Purtroppo il tempo è decisamente più cupo e grigio del giorno precedente: il sole fatica a farsi strada tra le nubi basse, e un vento teso spira da Ovest, dal mare.
Ci incamminiamo lungo il ripido sentiero che risale verso la Focetta dell'Acqua Fredda, tra prati stentati, rocce grigie e i manufatti residui dell'attività estrattiva del marmo, che qui in Apuane segna pesantemente il paesaggio.
Superato agevolmente qualche facile tratto attrezzato giungiamo alla Focetta (1575 m circa), da dove la vista si apre anche sul versante Garfagnino e sulla linea ondivaga dell'Alto Appennino Tosco-Emiliano.
Volgiamo le spalle al severo profilo roccioso del Monte Alto di Sella (1725 m) e aggirando il Monte Focoletta (1678 m) ci dirigiamo verso il Passo Tambura (1634 m). Giunti senza problemi al Passo, ecco che di fronte a noi appare il Monte Tambura (1890 m), sempre più vicino passo dopo passo.
In breve, muovendoci lungo l'aereo ed assai panoramico filo della cresta Sud - in vista costante del versante Garfagnino e di quello Versiliese - siamo in vetta alla Tambura, spazzata dal vento e da qualche goccia di pioggia.
Un breve spuntino e uno sguardo un tantino preoccupato alle nubi nere che avanzano verso di noi dal mare: il tempo è decisamente peggiore delle "innocue velature" garantite dalle previsioni meteo...
Senza indugio scendiamo lungo la cresta Nord-Ovest della Tambura, sempre assai panoramica, in direzione del Passo della Focolaccia (1645 m). Davanti a noi la scena è dominata dalle sagome imponenti del Monte Pisanino (1946 m) a destra e del Monte Cavallo (1890 m) di fronte. Al Passo sale ripida dal versante Garfagnino la strada marmifera che conduce alle cave della Focolaccia, per poi scendere precipite nel versante Versiliese.
Giunti al Passo - pesantemente segnato dalle strutture e dalle cicatrici dell'attività estrattiva del marmo - si mette a piovere di stravento. Allora, zigzagando al piccolo trotto tra blocchi di marmo bianchissimo che contrastano con il nero delle nubi, guadagnamo il vicino Bivacco Aronte, che capita proprio a fagiuolo, offrendoci un riparo dalla pioggia e un posto tranquillo per il pranzo.
Dopo il pranzo, neanche a farlo apposta la pioggia cessa. Ne approfittiamo per ispezionare il tratto iniziale del sentiero CAI 167 che - secondo il progetto originario - doveva portarci per la discesa in un nuovo versante, quello della "Valle degli Alberghi": giunti alla sella che domina la valle scartiamo però senz'altro questa opzione, perché la pioggia ha reso assai infidi i ripidi versanti erbosi lungo i quali scende il sentiero 167.
Scegliamo allora la "marmifera" che scende tortuosamente ma più direttamente verso Resceto. E qui poco ci manca che lasciamo questa valle di lacrime travolti da giganteschi blocchi di marmo che una ruspa fa rotolare a valle tagliando i tornanti della strada senza troppo preoccuparsi - forse anche per il tempo pessimo - degli eventuali escursionisti...
Restiamo lievemente basiti...
E decidiamo quindi per prudenza di abbandonare anche la marmifera e di scendere a rotta di collo lungo il sentiero CAI 166, la via più diretta per Resceto, anche perché nel frattempo il meteo è decisamente migliorato: il sole torna a far capolino e l'erba si asciuga rapidamente.
Il sentiero 166 scende a valle con andamento quasi precipite, ora su lastroni lisci di marmo grigio e bianco, ora tra pietraie e prati scoscesi. Ripercorre in parte le cosiddette "Vie di Lizza" lungo le quali i cavatori facevano scivolare i giganteschi blocchi di marmo verso valle, quando ancora i mezzi meccanici erano di là da venire.  
Mano a mano che si scende il sole fa la voce grossa, e l'afa e il caldo tornano a farsi sentire.
Dobbiamo procedere con attenzione, perché il sentiero - sempre regolarmente segnato - è però un'esile traccia che ci dobbiamo quasi inventare tra prati pensili, lastroni e pietraie.
In breve il caldo diventa opprimente, ma in base alle previdenti indicazioni di Mauro abbiamo ancora scorte abbondanti di acqua, e di tanto in tanto ci concediamo una sorsata abbondante quanto rigenerante.
E finalmente giungiamo sul fondovalle, in vista del serpente pietroso della Via Vandelli, e il sottoscritto pensa bene - forse perché stranito dal caldo - di mettersi nei guai in "zona Cesarini" lasciando il sentiero segnato per una breve quanto ripida scorciatoia verso lo sterrato ormai vicino: allo sterrato ci arrivo, sì, ma franando a valle e dando modo al duro calcare Apuano di lasciarmi un marchio indelebile sul braccio nudo, che prende a sanguinare copiosamente... Ecco un altro uso assai utile dell'acqua rimasta: lavare la ferita...
Siamo tutti piuttosto cotti, ma con un ultimo sforzo percorriamo lo sterrato finale che ci riporta a Resceto.
E' il primo pomeriggio e ora il sole beffardamente - e quasi prendendoci in giro dopo la pioggia sferzante del Passo della Focolaccia - è tornato a picchiare come un fabbro.
Ci ricomponiamo e scendiamo fino a Guadine, dove ci concediamo un mega-panino al prosciutto e formaggio innaffiato da una bella birra fredda gelata.
E poi via, giù verso Massa, e poi in autostrada.
Prima di quanto ci aspettiamo, siamo già a casa...

Giovanni Mazzanti






mercoledì 24 settembre 2014

Completo primavera-estate 2014 - Maggio, Apuane: la Tambura da Campocatino

E' appena iniziato l'autunno e sono indietro come i meloni con l'aggiornamento delle escursioni nel periodo primavera-estate...
Sarà il caso di mettersi in pari!
Cominciamo allora con le Apuane e l'anello Campocatino (1050 m)  - Tambura (1890 m) portato a termine insieme a Mauro Pini il 9 maggio 2014.
Ritrovo al mattino presto, l'autostrada ci aspetta buia e deserta.
Quando albeggia, ci concediamo un caffè al Passo della Cisa e lo accompagnamo con delle memorabili paste alla crema.
La crema gialla, squisita e strabordante piace anche al pavimento...
Arriviamo alle otto che fa già caldo: la giornata è stupenda.
Partiamo dall'assolato e caratteristico borgo in pietra e marmo di Campocatino a poco più di 1000 m di quota sul versante Garfagnino delle Apuane.
Il borgo prende il nome da un verdeggiante circo glaciale del quaternario annidato ai piedi del Monte Roccandagia (1717 m).
Superate le ultime case, il sentiero sale deciso. Prima tra prati, poi tra boschi di faggio dal fondo pietroso.
Quindi, con uno scorbutico traverso cambia direzione portandosi nel ripido vallone delimitato dal versante nord della Tambura e dal versante est del Pisanino.
Il vallone è segnato dalle cave di marmo ed echeggia dei suoni monotoni delle macchine operatrici al lavoro.
Verso l'altro si vede, subito sopra il limite della vegetazione d'alto fusto, l'ampio e irregolare pendio inclinato della Carcaraia: un deserto d'alta quota di roccia calcarea disseminato di inghiottitoi.
E, sorpresa, è ancora ingombro di neve!!! Proviamo allora a portarci sulla cresta Nord-Est della Tambura, risalendo - non senza fatica - un ripido canalone ingombro di neve primaverile ora dura, ora granulosa e fradicia.
Giunti alla sella tra Monte Roccandagia e Tambura ci si apre davanti la grandiosa visione dello strapiombante versante Sud-Ovest della Tambura.
E ci appare ben chiaro che la cresta Nord-Est per ora non è percorribile se non con mezzi alpinistici.
Allora, con un bel traverso in cordata su neve insidiosa, superiamo le asperità del primo tratto di cresta e la raggiungiamo nuovamente dove essa si mostra praticabile.
La ripida salita ci porta in breve in vetta alla Tambura (1890 m) con visione spettacolare a 360°.
A Nord la vetta imponente del re delle Apuane, il Pisanino; e più oltre il lungo orizzonte dell'alto Appennino Tosco-Emiliano, con tutte le principali vette in fila: vicini sono Prado, Cusna, Nuda del Cerreto e Succiso, più lontani Giovo, Rondinaio, Tre Potenze e Cimone.
A Sud le brevi e precipiti valli della Versilia, a tratti scorticate dalle cave di marmo; più oltre la costa e il mare, che si intuisce tra le nubi.
Un rapido pasto, foto e autoscatto.
Poi scendiamo lungo la cresta Sud-Ovest della Tambura fino al Passo omonimo, e sprofondiamo nella valle sottostante, prima pietrosa e aridissima, poi boscosa e fresca.
Ci lasciamo accanto e di fronte altre cave di marmo bianco e grigio, con gli accecanti sfasciumi dei ravaneti che contrastano con il verde intenso delle faggete.
Dopo l'inutile ricerca dell'eremo di San Viano, completiamo l'anello riportandoci nella conca glaciale di Campocatino.
Una bella bevuta alla fontana - ci voleva, il caldo è già intenso anche se siamo solo ai primi di maggio - accanto alla bella statua di marmo dedicata ai Pastori delle Apuane
E poi via, si torna a Bologna.
L'album di Vasco "Buoni e cattivi" e il suo rock accattivante ci fanno passare il lungo viaggio in un'attimo.

Giovanni Mazzanti

















venerdì 16 maggio 2014

IL VENTO DEL PRADO

Finalmente un'altra grande indigestione di Appennino, sul finire di quest'inverno...
E' stata il 12 marzo 2014, quando con l'amico Mauro Pini ci siamo sciroppati quasi tre ore di macchina salendo da Bologna al Passo delle Radici e scollinando nel versante Garfagnino sino al vicino Casone di Profecchia (1317 m), ex-caserma delle guardie del Ducato di Modena.
Dal Casone, ciaspole ai piedi, abbiamo affrontato la salita al crinale Appenninico, ingombro di neve, avendo come meta il Monte Prado (2054 m).
La giornata era splendida, il cielo terso, senza nuvole. Ma sapevamo già che, oltre alla neve a metri - il gestore del Casone ci aveva parlato di 4 m di neve compatta al Passo di Monte Vecchio - un'altra insidia ci aspettava: il vento.
E così è stato, fin dall'inizio. Fin dalla blanda salita nella grande faggeta sopra il Casone, in bella vista delle alpi Apuane (Pizzo d'Uccello, Pisanino, Cavallo, Tambura), un vento a tratti impetuoso ci ha accompagnato. Ma si è scatenato sul serio quando, dopo una ripida salita con già i ramponi ai piedi sulla neve dura per il gelo notturno, abbiamo rimontato il crinale nei pressi delle Forbici (1818 m).
Da lì in poi è stata davvero tosta.
Ben consapevoli dell'avversario che ci fronteggiava, ci siamo vestiti in un lampo come eschimesi: copertura (anziché curvatura, vedi Star Trek...) nove!!!
Ma sembrava comunque di essere in maniche di camicia.
Il vento contrario soffiava incessante come un gigantesco phon, costringendoci ad aggrapparci con tutte le nostre forze ai bastoncini da trekking per procedere sul filo di cresta, fortunatamente assai agevole da seguire.
Un vento così forte da sbatacchiarci gli indumenti con un rumore assordante, e a volte quasi da sollevarci da terra e farci urtare l'uno contro l'altro. Ci sembrava paradossale fermarci e tornare indietro con una giornata così stupenda, ma abbiamo dovuto davvero tener duro in certi momenti.

Poi poco alla volta, mano a mano che raggiungevamo una dopo l'altra le varie cime che ci separavano dal Prado - Monte Cella (1946 m), Monte Vecchio (1986 m), Anticima del Prado (2024 m) - il vento si è fatto più umano. E dopo una pausa ristoratrice al sole e al riparo dal vento, verso mezzogiorno abbiamo raggiunto l'ampia ed appagante sommità del Monte Prado a quota 2054 m, con il suo incomparabile panorama su tutto il crinale Appenninico dall'Alto Parmense al Corno alle Scale, e soprattutto sul Gigante dell'Alto Reggiano, il Monte Cusna (2120 m).
E abbiamo potuto goderci il panorama e concentrare lo sguardo in particolare sulle gigantesche e spettacolari - quanto insidiose, ahimè, vedi Alpe di Succiso il giorno dopo... - cornici di neve, dello spessore di vari metri.
Dopo un pasto frugale e l'immancabile "selfie" fotografico, siamo tornati sui nostri passi, sotto un sole cocente, che però stentava ad ammorbidire la neve gelata proprio per effetto del vento forte.
Vento che comunque nel pomeriggio si è via via attenuato, fino a ridursi a una lieve brezza quando abbiamo abbandonato il crinale.
Raggiunto il bel rifugio delle Forbici, ci siamo addentrati nella faggeta e abbiamo riguadagnato l'auto.
Erano appena le 15:00, anche perché l'alzata mattutina ci ha consentito di fare le cose con calma e per tempo, a tutto vantaggio della sicurezza.
E di sfruttare appieno il vantaggio di camminare sulla neve dura e compatta, anziché sprofondare nella neve molle e fradicia - che abbiamo trovato solo nell'ultima ora di discesa.
Sono tutte buone pratiche da non dimenticare mai...

Giovanni Mazzanti









venerdì 14 febbraio 2014

IL CANALINO N.1 DEL CORNO

Sono vivo!!!!!!!!!!!!!!!!!
Dopo mesi e mesi di silenzio dovuti al lavoro (e guai a lamentarsi di questi tempi) mi rifaccio vivo.
Lo faccio per raccontare brevemente dell'impresa - almeno per me - compiuta insieme al grande Mauro Pini (AE, AEI, EEA del CAI Bologna, e chi più ne ha più ne metta).
Il 12 gennaio scorso Mauro mi ha fatto da guida durante l'ascesa al Canalino n.1 del Corno alle Scale (1945 m, il culmine della provincia di Bologna).  Il Canalino n.1 è il più lungo tra i cinque canalini che dalla stupenda Valle del Silenzio salgono verso i balzi sommitali del Corno alle Scale, e sbuca proprio sotto la grande croce di Punta Sofia (1939 m).
La salita è stata entusiasmante e me la sono goduta alla grande, dato che tutto si è svolto in totale sicurezza. Mauro ha fatto da primo e abbiamo proceduto dapprima slegati, sui tratti meno ripidi, poi legati e di conserva, e infine, nei 150 metri di dislivello finali, legati e facendoci sicura a vicenda.
L'uso di ramponi e doppia piccozza, di 50 m di corda, e dei leggendari picchettoni di alluminio da 50 cm ci ha consentito davvero di ridurre al minimo i rischi e di gustare pienamente l'impresa.
E che soddisfazione quando sono emerso dal tratto finale - pressoché verticale - sul piano lievemente inclinato subito sotto alla croce di Punta Sofia, sorgendo dall'ombra fredda del canalino al tiepido sole di questo "non inverno".
Abbiamo poi completato la giornatona da ricordare con la classica traversata di crinale Corno - Lago Scaffaiolo, sulla neve dura e rada di questo gennaio anomalo, inondata dal sole per tutto il tempo.
Le tagliatelle e il grappino del Rifugio Duca degli Abruzzi a questo punto ce le siamo meritate tutte.
Ringrazio davvero Mauro dell'opportunità e spero proprio che ce ne siano ancora.

Giovanni Mazzanti

Gio, Danilo, Mauro, Rita, Sara sul M.Sirente (2348 m, Abruzzo) 17.05.2015

Con Mauro Pini e 2 m di neve nella Valle del Silenzio (6/3/2015)

UN VIDEO dalla MONTAGNA: Giò e Max. Salicini sul Breithorn Occidentale (4165 m) 28/09/2014

Musica e Montagna: "LIGABUE"Mondovisione Tour - 13/09/2014, Stadio Dall'Ara, Bologna

Quota 2000 in TV!!!! Da è-TG-BOLOGNA del 15 luglio 2010...

VIDEO-TRIBUTO ALL'APPENNINO (by Mauro Penza and the staff of regione Emilia Romagna)